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Dott.ssa Daniela Birello, Psicologo - Psicoterapeuta, Specialista in Psicoterapia Breve Strategica. Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica di G. Nardone. Cell. 347 4897372. ​Riceve a Pontedera, Pisa, Livorno
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Il dubbio patologico: la tirannia del pensiero

6/27/2017

 
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"Il dubbio è il motore della conoscenza, ma è anche il trampolino di lancio dell'ossessività"
(Giorgio Nardone)
Cosa accade quando di fronte a scelte e situazioni indecidibili cerchiamo di applicare quello che può essere definito “cogitocentrismo”, ovvero il raziocinio più ferreo? Il pensare troppo, il razionalizzare, da strumento infallibile spesso diventa un vero e proprio ostacolo che, una volta irrigiditosi nella sua manifestazione, si trasforma in patologia.
 
Il nostro bisogno arcaico di sicurezza ci spinge a cercare il conforto in verità rassicuranti.
A tutti è capitato almeno una volta di pensare e ripensare a quello che si stava per fare, alla scelta da adottare. Se ciò diventa la regola, ovvero se di fronte a ogni decisione mi incastro in una circolo vizioso di domande che portano ad altre domande però è molto probabile che inizi a provare ansia e incapacità personale e relazionale.

Il pensare diviene oggi lo strumento principale per affrontare le proprie insicurezze e i propri timori. Quando tale modalità viene estremizzata, e soprattutto quando viene applicata a fenomeni a cui non può adattarsi come le paure irrazionali, i dubbi, le relazioni amorose controverse, da risorsa si trasforma in limite.
 
La logica si trasforma in trappola. Il pensare, da pilastro fondamentale dell’attività umana, può divenire la matrice di profonda sofferenza che va dalla tirannia del dubbio all’incapacità di prendere una decisione, dal continuo mettere in discussione le proprie idee fino al dubbio come vera patologia della mente.
 
Le tipologie disfunzionali di ragionamento basate sul dubbio sono diverse.
Una si verifica quando di fronte a tante possibilità diventa molto difficile e laborioso scegliere.
Ci sono poi situazioni in cui si resta bloccati nel ragionamento che chiede una risposta rispetto a quale sia il partner più idoneo per sé, magari avendone due a disposizione, complementari per noi.
Un’altra variante è poi l’iper-razionalizzazione del ragionamento che porta a un’incapacità di agire in tempi brevi: l’analisi dettagliata della situazione di trasforma in trappola.
 
Quando il dubbio patologico prende il sopravvento ciò che può fare la differenza è proprio la modalità con cui ci poniamo dubbi e domande e quella con cui cerchiamo le risposte.

Mettendo in discussione la correttezza degli interrogativi si può bloccare il circolo vizioso della ricerca di risposte corrette a domande scorrette. L’intelligente dà risposte esatte, il saggio fa le domande giuste.
 
Per richiedere maggiori informazioni sul tema o per un appuntamento si rimanda qui.
Per approfondimenti: “Cogito ergo soffro”, G.NARDONE con Giulio De Santis.
 
Dott. ssa Daniela Birello (Psicologo – Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica)
danielabirello@gmail.com

Ansia pre-gara: trasformarla da limite a risorsa

3/30/2017

 
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La performance sportiva richiede all’atleta elevate capacità di percezione e reazione a “ciò che accade”, sia a livello tecnico ma anche, e soprattutto, mentale.
 
E se il “ciò che accade” porta a una paura?
Paura di non farcela in occasione di un incontro sentito; paura di non riuscire a segnare il punto che determina la vittoria; paura di sbagliare un rigore; paura di fare una pessima figura di fronte al pubblico, all’allenatore o ai compagni di squadra; paura di non riuscire a terminare la prestazione quando si tratta di lunghe competizioni, ad esempio. Una paura che può presentarsi sotto forma di segnali ben precisi come emicrania, aumento del battito cardiaco, sudorazione accelerata, respiro faticoso?
 
Allenamento mentale per sconfiggere l’ansia pre-gara
Che sia chiaro: un certo livello di ansia pre-gara è funzionale per qualsiasi atleta, rappresenta una risorsa! Quando però questo diventa troppo, rischia di trasformarsi nel suo perfetto opposto, un limite che, in alcuni casi, può portare, se non gestito, sino a un possibile blocco totale della performance.
 
Allenare la mente in vista di un appuntamento sportivo ha il grande privilegio di rendere fluida la prestazione (quando ciò accade si definisce: “trance agonistica”).
 
Per un’efficace preparazione psicologica pre-gara il terapeuta strategico prima di tutto andrà a indagare tutti i tentativi disfunzionali fatti dall’atleta per risolvere il problema (ricerca delle tentate soluzioni) che, al contrario, non fanno altro che aggravarlo, peggiorandolo (evitamento”, anche mentale, della situazione temuta e “tentativo fallimentare di controllo” della paura stessa). Dopodiché, lo guiderà nell’esercizio della “peggiore fantasia”. Infine, una volta smontata la paura, per focalizzare l’attenzione dell’atleta sui possibili svolgimenti del combattimento facendogli anticipare i punti critici affinché si creino in lui le adeguate contromisure, prescriverà un’ulteriore efficace tecnica: la visualizzazione.
 
La tecnica della “peggiore fantasia”: qualcosa in più
Attraverso un preciso addestramento, che richiede specifici tempi e luoghi, l’atleta, sotto la guida del terapeuta strategico, impara man mano a modulare e regolare autonomamente la sua paura e le situazioni critiche che la presentano, annullandola tramite il tentativo volontario di aumentarla (ricercare volontariamente la paura per azzerarla, prodursi il film dell’insuccesso e del fallimento della propria prestazione).
L’obiettivo è di far in modo che egli si confronti con la paura e realizzi un’esperienza percettiva nuova, ovvero la riduzione della paura attraverso il tentativo volontario di esasperarla.
In una frase: “Guardare la paura in faccia la trasforma in coraggio”.
 
Per approfondimenti si rimanda al libro “Risorgere per vincere. Una storia di talento, tecnica e strategia mentali”, A. Montano, G.Nardone, G. Sirovich
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Photo by Austris Augustus | Unsplash
Dott. ssa Daniela Birello (Psicologo – Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica)
Per maggiori informazioni sul tema o per richiedere un appuntamento: danielabirello@gmail.com

Ansia da separazione a scuola: come intervenire?

8/2/2016

 
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L’ansia da separazione che il bambino prova quando saluta i genitori si può affrontare, e persino risolvere in tempi brevi.

Pianti convulsi, strilli, richieste disperate: è capitato a tutti, almeno una volta, di assistere alla tragedia messa in scena da un bambino davanti all’ingresso della scuola d’infanzia o delle elementari affinché il genitore non si allontani.

L’ansia da separazione è una situazione molto frequente: quali sono i comportamenti più efficaci che mamma e papà possono mettere in atto per gestirla al meglio?

Le rassicurazioni, a differenza di quanto si può immaginare, servono davvero a poco. Il cercare di tranquillizzare il proprio bambino è un tentativo che non porta lontano. Alimenta il pianto e i comportamenti rabbiosi che rischiano di trasformarsi in uno strumento di potere che il piccolo inizierà a utilizzare a proprio favore.

Particolarmente efficace è, al contrario, la tecnica prevista dall’Approccio Strategico.
Il genitore dovrà concedere al figlio uno spazio ben delimitato, di 15 o 30 minuti, durante il quale il bambino potrà esprimere liberamente le sue paure riguardo al distacco.
Il terapeuta strategico insegna tale tecnica direttamente ai genitori (per evitare l’effetto medicalizzazione, chi segue l’Approccio Strategico sceglie di non vedere direttamente i bambini al di sotto dei 12 anni, ma di lavorare con i loro genitori).

Spesso il contenitore delle paure e dell’ansia viene predisposto la sera, momento clou per le paure dei bambini. A completamento dell’intervento, il genitore dovrà misurare per quanto tempo il figlio riuscirà a stare da solo, ad esempio, allontanandosi prima per pochi minuti e poi per periodi progressivamente maggiori.

Al momento della ricomparsa il genitore dichiarerà: “io sono stato tranquillo, tu come sei stato?”.
Molto frequentemente gli adulti scoprono che i loro figli rispondono: “anche io!”.
Quest’ultima manovra risulta ancora più utile se il genitore, durante l’assenza, ha lasciato al figlio delle cose da fare, dei giochi o dei compiti da eseguire.


Dott. ssa Daniela Birello (Psicologo - Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica)
Per approfondimenti si rimanda al libro “Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Problemi e soluzioni per il ciclo di vita”, G.NARDONE e l’Equipe del Centro di Terapia Strategica.
Photo by London Scout-Unsplash

    La Birello

    Psicologa e Psicoterapeuta.
    ​Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

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